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Durante la sua inimitabile carriera Bruno Pizzul ha raccontato le gesta dei protagonisti del calcio italiano e mondiale ed in questa intervista ci parla di tutti i temi fondamentali delle telecronache e non solo.
Come si preparava per grandi eventi quali Mondiali ed Europei?
Anche ai miei tempi c’era una preparazione per tali grandi eventi ma le fonti in nostro possesso non erano prodighe come oggi. Diciamo che ci si limitava a parlare con i colleghi per sapere di più sulle squadre ed i giocatori avversari. Per esempio se la partita fosse stata contro il Belgio si contattava il collega belga, il tutto però era annacquato rispetto ad oggi.
La sua opinione sui telecronisti attuali e sulle telecronache di oggi?
I telecronisti di oggi sono tutti bravissimi e preparatissimi ed hanno a loro disposizione fonti di informazione che noi ci sognavamo; essendo così numerosi, data l’amplia offerta televisiva di calcio, scatta quindi in loro una sorta di meccanismo di competizione che porta ad imporsi magari tentando di trovare una fraseologia soggettiva, una sorta di “firma”. Senza farne una critica dico che l’uso di queste frasi è comprensibile ed inevitabile ma a volte stucchevole.
Anche a me sono state attribuite delle frasi o termini tipici; per esempio “goal”, che sono stato il primo ad usare in telecronaca, o “tiro d’angolo”. Io però li usavo non per “autografare” le mie telecronache, ma in quanto gergo calcistico essendo stato un calciatore.

Nelle telecronache attuali si tende a dare troppe informazioni che hanno poco a che vedere con la partita in sé della quale si finisce per parlarne poco; in compenso vengono fornite parecchie curiosità ed aneddoti sui singoli giocatori, il cosiddetto background dell’atleta. C’è quindi una tendenza a conferire molte informazioni durante la partita che invece si potrebbero dare al termine o durante l’intervallo.
Personalmente credo che il telespettatore ami seguire lo svolgimento del gioco, la coralità di manovra e talvolta questo è difficile a causa di tante riprese in primo piano e replay (una volta c’era la sola telecamera dall’alto con cui apprezzavi la trama di gioco). Oggi si confeziona la “good television”, bellissima da vedere, che però fa perdere la coralità della manovra; viene quindi privilegiata la singola giocata.
Quali sono i problemi tecnici tipici che possono accadere in una telecronaca?
Il problema tecnico è il cruccio di ogni telecronista; il momento precedente l’inizio di una telecronaca è il più insidioso perché l’imprevisto è dietro l’angolo: specialmente problemi d’audio sono molto frequenti durante i grandi eventi in quanto l’audio deve essere sezionato e mandato in tutto il mondo. Per questo, personalmente, contesto l’uso di preparare l’esordio con il famoso “pezzetto scritto” perché, in caso di panne, ci si blocca; il telecronista deve trasmettere emozioni anche nei momenti di difficoltà per esempio facendo capire che ci sono problemi o, perché no, chiedendo aiuto.
In caso di necessità c’è un sostituto del telecronista?
Ultimamente di più che in passato perché il telecronista è affiancato da dei colleghi (il commentatore e gli inviati a bordo campo); una volta non era così, si era isolati. Per esempio durante la tragedia dell’Heysel, che è stato il momento più brutto non tanto professionalmente ma quanto da un punto di vista umano della mia carriera, ero da solo e non sapevo cosa stesse esattamente succedendo perché dipendevo dalle poche e contraddittorie informazioni che mi arrivavano.

Il momento più bello invece?
Sicuramente l’esordio giunto inaspettato; dopo aver vinto il concorso alla RAI feci un corso di preparazione professionale di sei mesi e venni inviato dall’oggi al domani ai mondiali di Mexico ’70, cosa impensabile fino a poco tempo prima. Un’esperienza che mi ha lasciato dentro una traccia profonda e ricordi indelebili come per esempio la partita tra Inghilterra e Germania, rivincita di quattro anni prima, giocata a Leòn con 50 gradi!
Altri momenti belli sono stati sicuramente le vittorie delle squadre italiane nelle coppe europee: per esempio il Milan con la Coppa dei Campioni nel 1989 e nel ’94, la vittoria della coppa UEFA del Napoli nel 1989 e dell’Inter.
La sua opinione sulle telecronache dallo studio?
Non la ritengo una soluzione tanto sbagliata perché dallo studio si segue meglio la cronaca dell’evento e si possono evitare quei problemi tecnici, come per esempio il sole che picchia sul monitor, che in una telecronaca in loco possono accadere.
Una sua opinione sul VAR?
Con il VAR il tasso di errori è sicuramente diminuito; il meccanismo va perfezionato perché a volte l’arbitro va a vedere ed a volte no il monitor a bordo campo. Personalmente ero preoccupato riguardo all’uso del VAR con il fuorigioco però, grazie alla raccomandazione di segnalarlo solo ad azione conclusa, si giunge ad avere un margine di sicurezza pressoché certo. Io lo affiderei ad arbitri non più in attività per una questione di gerarchia interna.
Ormai non si può fare a meno del VAR ed infatti dove è assente se ne sente la mancanza.

Ha mai fatto telecronache di altri sport?
Ho fatto telecronache di tantissime discipline, in particolare delle bocce di cui ne vado particolarmente orgoglioso. Il gioco delle bocce è un mondo particolare ed affascinante dove, a livello agonistico, vi è una preparazione tecnica elevatissima. Durante la mia permanenza in RAI riuscii anche ad avere una rubrica settimanale di mezz’ora.
Durante le olimpiadi ho seguito altri sport perché, essendo in soli 3-4 giornalisti, dovevamo coprire tutte le discipline; in particolare mi ricordo del judo.
Ha mai riascoltato una sua telecronaca?
Non ho mai usato riascoltarmi ma da un po’ di tempo a questa parte mi capita di riguardare le mie telecronache di partite non famosissime per ricordarmi il risultato.
Un pronostico sul prossimo campionato?
Sarebbe opportuna un’alternanza al vertice ma il mio pronostico è per la Juventus perché è la squadra più forte e si rinforzerà ancora; sono curioso di vedere cosa succederà con l’arrivo, come sembra, di Sarri che è un allenatore poco malleabile.