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“Dopo le gare mi sembrava normale farmi una birra ed andare a donne… Lo facevano tutti i piloti australiani, mi sembrava logico… Con il senno di poi non credo fosse il modo migliore di fare il pilota professionista.“
Oggi vi raccontiamo di uno dei manici migliori mai esistiti, un talento a mio parere maggiore di un certo Stoner. La storia di un ragazzo con il mondo del motociclismo ai suoi piedi finita nel peggiore dei modi. Nato a Greenacre il 5 marzo del 1975, Anthony “TheGoShow” Gobert non ha mai vinto un mondiale, ha conquistato 8 vittorie e 16 podi in SBK. Eppure, raramente il Circus delle derivate di serie ha potuto apprezzare un pilota di questo livello, rovinato da uno stile di vita fuori dal coro.

Cominciò la sua carriera nel cross, ma ben presto si ritrovò nel mirino di tutti col suo arrivo in AMA SBK nel 1993, al primo anno nel campionato americano era pronto a portarsi a casa il titolo finchè non arrivò la chiamata per il grande salto. Il suo esordio mondiale avvenne nel 1994, a Sugo in SBK: la Honda schierava uno squadrone. Oltre a Slight con la RC45, c’erano Polen, Crafar e gli ufficiali giapponesi Aoki e Takeishi. Ai box si notava un ragazzo biondo, aria da surfista e faccia tosta (inizialmente venne anche deriso per i suoi chili di troppo). Aveva 19 anni.
Di lui circolava già la voce che avesse un talento fuori dal comune. Alla sua prima volta su una Honda RC45, e prima volta su una moto ufficiale, nelle prove e in gara lasciò tutti a bocca spalancata. In Gara 1 prese le misure e finì ottavo. In gara 2 arrivò sesto, ma si mise dietro tutti i compagni di squadra. Il bello però doveva ancora venire… Si fece subito apprezzare per il suo carattere estroverso e sregolato, che però lo portò alla rottura con i signori tutti “compostini” di Honda.
Non passò assolutamente inosservato, e il Team Muzzy (campione del mondo con Russell) gli offrì una sella. E non fu ignorato nemmeno dal pubblico femminile, che lo circondava a ogni gara (comprese le ombrelline del suo e di altri Team).
Sappiamo più o meno tutti come iniziò la sua avventura con la Kawasaki, dicendo ai microfoni delle TV di tutto il mondo: ”Vincerò entrambe le gare!” (tutti lo derisero e gli diedero del pazzo), e come andò a finire? Terzo in Gara 1 e primo in Gara 2, quella ZXR-750 nelle sue mani era un’arma micidiale… staccate al limite, gomme che fumavano davanti e dietro, oltre agli innumerevoli sorpassi esterni. Fece venire i vermi allo stomaco persino a Kocinski.

Poi nel 1997 decise di passare in 500 con Suzuki, per diventare il pilota australiano più titolato della 500, e dopo i test invernali disse: “Non solo batterò il mio compagno di squadra Darryl Beattie, io vincerò il Mondiale! Voglio anche io 3 titoli della 500!”. Ma i rapporti con la squadra non erano dei migliori (urinare nel casco di Doohan prima di una gara e distruggere l’auto nel paddock non lo aiutarono, come non lo aiutò saltare gli allenamenti che doveva fare da contratto), tanto che ad Hamamatsu conoscendo il suo vizietto per l’erba decisero di sfruttare l’occasione per licenziarlo mandandogli l’antidoping direttamente a casa che lo squalificò per direttissima.
Riuscì a ritrovare una sella l’anno successivo nell’AMA SBK dove corse per 2 stagioni vincendo anche come wild card nel mondiale SBK. A fine stagione, nel 1999 torna nella classe regina come wild card negli ultimi gp in sella alla Muz Weber, portando quella moto in zone della classifica che non aveva mai visto.
Nel 2000 torna in SBK sulla Bimota SB8K vincendo, fu il ritorno alla vittoria per la casa 11 anni dopo l’ultima vittoria di Falappa, ma anche l’ultima perchè arrivarono prima i problemi tecnici della moto e poi i problemi economici per la casa di Rimini che la costrinsero al ritiro dal mondiale a stagione in corso. Concluse la stagione nel BSB, a bordo della Yamaha R7 Team Virgin Mobile.
Torna nell’AMA con il Team ufficiale Yamaha sulle R7 e R6 nelle stagioni 2001 e 2002 dove farà dei numeri assurdi con tanto di wild card nel mondiale delle derivate, nello stesso campionato passa nuovamente in Ducati nel 2003, e sempre nel 2003 cambia squadra salendo sul Gixxer del team Corona Extra. Il ritorno nella SBK australiana dal 2004 al 2005, dove verrà chiamato a sostituire l’infortunato David Checa nel mondiale SSP per 2 gare oltre che in alcuni round della SBK spagnola, nell’ASBK e nella tappa del mondiale a Valencia in SBK dove non si qualificherà per la gara a causa di un problema alla moto. Ma qui il fuoriclasse era già sulla via del declino senza ritorno.
Dopo la morte della sua fidanzata Sunni Dixon in un incidente stradale nel 2004 il suo animo era a pezzi: fu beccato alla guida sotto l’effetto di eroina, ma in quell’occasione lo “graziarono” con una sospensione della patente di guida. Nel 2006 passa nel Team Coronas Suzuki per correre il campionato spagnolo SBK.
Era pronto alla rivincita, ma fu lasciato solo in continua tentazione dai suoi vizi e dipendenze. Fino al punto di dover lasciare la squadra e tornare in Australia. Il suo ultimo anno nelle corse lo vedeva sempre nell’ASBK nuovamente su Kawasaki, ma venne ribeccato poco dopo, ancora sotto effetto di eroina e senza patente finendo in gattabuia con la licenza agonistica stracciata per lui le corse erano finite.

Nel 2008 tornò in carcere per aver scippato 2 anziani nello stesso giorno. Dal 2011 fino a febbraio 2018 è stato ricoverato in un istituto psichiatrico per scontare una pena e per disintossicarsi dalle sue dipendenze. Tornato libero Anthony ha deciso di vivere isolato da tutto e da tutti, la sua casa adesso è un furgone parcheggiato in riva a un fiume.
Ora per quanto si sa è in compagnia del fratello Aaron, che è riuscito a ritrovarlo e a portarlo via con se dopo le ultime aggressioni subite. Piloti con un manico così probabilmente non ne vedremo mai più. Uno che guidava una moto con sospensioni che oggi sarebbero su delle sport/tourer di serie, 4 cilindri con carburatori a valvola piatta e gas con comando a filo. E che superava all’esterno di traverso usando il freno posteriore e la frizione per creare un “freno motore” pienamente in stile supermotard.
Ma anche uno che ti vinceva Gara 1 e non correva Gara 2 perchè non ne aveva voglia (era indaffarato con le ombrelline). Talento e sregolatezza, se le 2 cose fossero state più bilanciate oggi questo pezzo sarebbe stato scritto sul più grande campione del mondo di tutti i tempi, e non ho dubbi sul fatto che sarebbe stato così.