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Così recita il famoso detto americano
Win on Sunday, sell on Monday. Così recita il famoso detto americano. E così deve averla pensata anche Ivano Beggio quando decise di far rivaleggiare Aprilia tra le grandi del mondiale dedicato alle derivate di serie: era il 1999 e la Aprilia RSV Mille con alla guida Peter Goddard faceva il suo ingresso in un mondiale dominato da 2 mostri sacri… La Ducati 996 e la Honda VTR 1000. Era una faccenda al tempo tra bombardoni la conquista del titolo. Guidati da piloti come Bayliss e Edwards. E come facilmente intuibile dal nome si trattava di una 1000 cc bicilindrica, dove il motore a V di 60° era incastonato in un telaio a doppia trave in alluminio.
I risultati in gara per questa moto furono abbastanza modesti rispetto alle aspettative a causa soprattutto delle coperture che equipaggiavano il Team di Noale, le Dunlup (nel mentre la concorrenza utilizzava le Michelin). Troy Corser conquisterà 7 vittorie in 2 stagioni (5 nel 2000 e 2 nel 2001) e Regis Laconi una vittoria nel 2001.
L’avventura in SBK finì nel 2002 con lo sbarco in MotoGP, per poi 2 anni dopo concludere disastrosamente la nuova sfida nel mondiale prototipi. Un balzo siderale direte voi, due mondi troppo lontani e quindi il passo più lungo della gamba…E invece proprio no.

La SBK della Golden Age, quella dei tempi delle battaglie memorabili, degli spalti pieni e dei funanbolici numeri dei piloti in pista ad ogni gara, era drasticamente lontanissima dal prodotto di serie (cosa che accade ancora oggi, seppur con minor divario). Per avere del riscontro del prodotto di serie esisteva per l’appunto la ormai compianta classe STK 1000.
Per capire quanto fossero lontane quelle moto dal prodotto acquistabile in concessionaria, come non avvalersi di Franco (conosciuto ai più attraverso la sua pagina: https://www.facebook.com/artfmoto) che nel Team Aprilia SBK ci ha lavorato direttamente e per di più nel reparto sviluppo:
“Il Team di sviluppo disponeva sostanzialmente di 3 moto laboratorio, sulle quali venivano provati, collaudati e approvati o meno i nuovi componenti da affidare alle moto dei piloti ufficiali. Tra le moto ufficiali e le laboratorio c’erano delle differenze sostanziali, in foto è possibile notare a occhio nudo i dettagli del telaio, i carter in magnesio, il serbatoio olio e tutto il resto tra la moto di Corser e quella del tester Antonello, entrambe lontanissime parenti del prodotto di serie”.

“Sempre noi del Team di sviluppo avevamo il compito di rodare dischi e pastiglie freno, nonché i motori. Questi ultimi venivano fatti girare ad esempio per 20 giri a Vallelunga, e una volta rodati necessitavano solo di un cambio di olio e filtro. Gli stessi motori a “termine vita” non venivano revisionati, costava meno farne di nuovi (ai tempi non esistevano i motori contingentati). I costi di sviluppo di una moto da SBK si attestavano intorno a 1,5 miliardi delle vecchie lire all’anno (come una 250 GP ufficiale). Basti pensare che per un forcellone che poi fu bocciato vennero spesi circa 100 milioni di lire tra progetto, ingegneri, produzione di 2 esemplari, trasferta, hotel, camion, uso della pista in esclusiva e quant’altro”.

Veri e propri prototipi quindi, moto che dal modello di serie prendevano solo il nome e la forma delle carene. Si arriva poi ai giorni della SBK odierna, dove Aprilia con una moto totalmente diversa dalla RSV Mille, la RSV4 e una proprietà diversa (Piaggio acquisirà l’azienda fondata da Beggio) farà incetta di titoli con quelli piloti di Biaggi (2) e Guintoli (1) oltre che a quelli costruttori (4). Ma come per l’inizio dell’avventura a fine anni 90, Aprilia lascia tutto nuovamente in SBK (questa volta da vincente), per approdare una seconda volta in MotoGP. Ad oggi l’unico risultato di rilievo è un terzo posto conquistato nel 2021 da Espargarò.