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Nel precedente articolo ho elencato alcuni dei punti che secondo il mio parere andranno affrontati per inserire in un contesto moderno il tiro con l’arco. Il fatto che abbiamo una elevata età media tra noi tecnici è uno degli aspetti che per me andrebbe trattato velocemente. Non ho la possibilità di conoscere l’età media di noi istruttori, ma facendo il docente nei corsi di formazione per istruttori, vedo sempre meno giovani (25-35 anni) che si dedicano all’insegnamento.

Questo non vuole certo essere punitivo nei confronti di tecnici con età avanzate (fortuna che ci siamo), ma apre a valutazioni di vario aspetto. Per quanto concerne l’insegnamento e specialmente l’insegnamento giovanile, vero futuro di uno sport, avere elevati gradienti generazionali non sempre permette di attuare un vero rapporto tecnico /atleta. Per ipotizzare che il mio ragionamento sia corretto, vediamo quali sono alcuni comportamenti che caratterizzano un buon istruttore giovanile e se richiedono tempo ed energie in genere appannaggio di tecnici più giovani:
1) avere ottime capacità nella dimostrazione tecnica. Il giovane apprende più con gli occhi che con le parole;
2) conoscere approfonditamente i progressi teorici e pratici del tiro con l’arco ed avere una buona conoscenza delle materie complementari applicate al tiro con l’arco: anatomia, fisiologia, auxologia, psicologia e pedagogia;
3) sentirsi e comportarsi da tecnico-educatore. Ricordiamoci che un tecnico educatore ha sempre a che fare con la sfera psico-motoria del ragazzo.
4) saper predisporre ed organizzare il lavoro in campo con funzionalità, in modo che le esercitazioni siano idonee agli obiettivi proposti e si svolgano con progressione logica e in base alle età di riferimento;
5) saper correggere gli errori di esecuzione tecnica degli allievi, prendendo l’errore come nuovo punto di formazione, indicando loro le cause e le misure necessarie per superarli;

6) saper creare nei bambini la fiducia nelle loro capacità di prestazione ed assegnare compiti che siano adatti al loro livello psico-motorio;
7) saper insegnare lo spirito di gruppo;
8) sapersi controllare e non degenerare mai in azioni inopportune, magari usando epiteti del tutto fuori luogo;
9) non lasciarsi mai vincere dall’insofferenza e dalla fretta. Con i ragazzi bisogna avere molta pazienza perché non esistono scadenze fisse per l’apprendimento di certe abilità;
10) essere giusto, sincero e modesto. Soprattutto non confondere i loro obiettivi con i nostri;
11) avere amore e rispetto per il lavoro. Questo è fondamentale per avere una corretta relazione atleta-coach.
12) essere aperto al dialogo. A nessuno deve essere impedito di esprimere le proprie opinioni, anche se la decisione definitiva spetta al coach;
Da questo elenco di compiti e anche competenze, ci rendiamo conto che oggi il tempo da dedicare all’insegnamento ma, soprattutto alla preparazione della giornata di formazione, si è decisamente ampliato. Sia in termini di tempo orario che di tempo qualitativo. Ora sono certo che la passione è una molla fortissima ma, siamo certi che da sola essa possa permettere un costante impegno nell’aggiornamento, nella preparazione molte volte individuale del percorso didattico dei nostri atleti?

Rispondere a questa domanda non ha direttamente a che fare con l’età anagrafica, ma certo in un mondo dove i giovani e i loro atteggiamenti/comportamenti cambiano molto velocemente, essere in grado di usare gli stessi linguaggi e avere simili percorsi comunicativi, certo che aiuterebbe molto. Negli ultimi tempi tutto lo sport soffre dell’abbandono giovanile e questa è una grossa pecca che lo sport deve riuscire a risolvere. Cercare strumentanti nuovi che permettano nuove sfide sarà uno dei nostri compiti come addetti ai lavori.