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Quando la pendenza del terreno diventa eccessiva, e soprattutto quando la neve diventa troppo “dura”, o peggio lascia affiorare lastre di ghiaccio, lo scialpinista ha una sola scelta, se desidera proseguire e raggiungere la vetta: abbandonare gli sci, calzare i ramponi e impugnare la piccozza. Del resto, non stiamo forse praticando quello sport che si chiama “sci” e “alpinismo”?
Attrezzature indispensabili
Specie in primavera e inizio estate, piccozza e ramponi non dovrebbero mai mancare nel corredo di ogni scialpinista, a meno che non si abbia in programma un’escursione ben conosciuta e “tranquilla”. In genere, invece, le condizioni della neve, in stretta relazione con quelle meteorologiche, possono riservare sorprese, in positivo o in negativo: il medesimo pendio sommitale di una vetta potrebbe essere tranquillamente risalibile sci ai piedi su ottima neve compatta, mentre anche solo pochi giorni dopo potrebbe trasformarsi in una insidiosa e liscia placca di ghiaccio vivo, impraticabile con gli sci.

Scegliamo gli attrezzi
Sul mercato, la varietà è quanto mai varia, ma alcuni criteri generali possiamo fornirli, a cominciare dalla piccozza, che dovrebbe essere non troppo lunga (intorno ai cinquanta centimetri, o anche un poco meno) e a manico diritto. Riguardo ai ramponi, meglio non economizzare, tenuto conto delle grandi sollecitazioni cui sono sottoposti, specie nei tratti di “misto”, in cui si utilizzano anche sulla roccia. Privilegiare ramponi a dodici punte, o comunque per forti pendenze, con attacchi rapidi (anche se ormai, questo dovrebbe essere la norma). Con un suggerimento banale, ma non scontato: provare e regolare i ramponi sui propri scarponi comodamente a casa, per non ritrovarsi con i ramponi “fuori misura” nel mezzo di un’escursione.
Usiamoli correttamente
In questa sede, ci limitiamo a considerare pendii cosiddetti “classici”, con pendenza inferiore a 45 gradi. Anche rimanendo in questo limite, le difficoltà possono variare in modo estremo, come già accennato, potendo passare da un facile pendio di neve compatta a un delicato scivolo di ghiaccio vivo.
In generale, come consigliato anche dal Club Alpino Italiano, è consigliabile procedere col cosiddetto “movimento incrociato”: si muovono in sequenza, o simultaneamente, braccio sinistro – gamba destra oppure braccio destro – gamba sinistra, in modo da ottimizzare la stabilità del corpo. I movimenti, come detto, possono essere simultanei (su terreno facile) o non simultanei (terreno difficile) in modo da avere, in questo caso, sempre tre punti di appoggio.
Riguardo all’uso pratico, su pendenze non eccessive i ramponi si utilizzano “a punte piatte”, con la piccozza pressoché inutilizzata, o utilizzata “di punta”, piantando il puntale nella neve, per migliorare l’equilibrio. Quanto la pendenza aumenta, i ramponi si utilizzano preferibilmente “a punte avanti” (tecnica efficiente ma faticosa), di fatto “fronte al pendio”, con la piccozza in una
mano utilizzata “di becca”: la piccozza è impugnata sopra la testa con il palmo della mano, con la becca rivolta in avanti e infissa nel pendio.

Come detto, la tecnica “punte avanti” è molto efficiente, ma faticosa, e a meno di non essere esperti e allenati, è bene limitarla a tratti molto brevi. Per maggiore sicurezza e stabilità, nella mano libera dalla piccozza si potrebbe impugnare un chiodo da ghiaccio a vite, in modo da avere un quarto punto di appoggio.
Usando i ramponi raramente, ricordarsi di camminare “a gambe larghe” per non inciampare, mentre in caso di caduta, alzare immediatamente i piedi ramponati, per evitare pericolose capriole, e frenare immediatamente la scivolata piantando con tutto il proprio peso la becca della piccozza nel pendio nevoso o ghiacciato.
Se l’esperienza con “piccozza e ramponi” vi sarà piaciuta, vorrete “qualcosa in più”, in termini di pendenza e lunghezza: in questo caso, per apprendere le nozioni di base di arrampicata su ghiaccio, consigliamo vivamente di partecipare a uno dei tanti corsi organizzati nelle nostre provincie montane.