Share This Article
Per il Motard, Supermotard, o Supermoto che dir si voglia, iniziò tutto da delle elaborazioni artigianali, con delle moto da cross a cui venivano indurite le sospensioni e a cui venivano montati dei cerchi da 17” con gomme stradali. Si crearono così delle predatrici senza tregua nel misto stretto di supersportive.
Siamo all’inizio degli anni ’80 e nel continente a stelle e strisce (non in Francia come molti credono) nasce dunque la nuova classe denominata Superbikers: delle moto da cross con gomma posteriore stradale da 19” e anteriore tassellata da 21” gareggiavano su tracciati misti asfalto e sterrato in proporzione del 50% circa l’uno. Questo nuovo genere grazie anche all’aiuto di un partecipante d’eccezione come Danny Magoo Chandler non poteva che esplodere da lì a poco. Non passa molto e questa novità sbarca oltreoceano, attirando l’attenzione di tutti.

La classe Supermoto prenderà vita in Europa negli anni ’90 raggiungendo livelli di fama, popolarità e appassionati impressionanti, dando vita al coinvolgimento di tutte le case costruttrici. Con gare corse su tracciati del 70% su asfalto e del 30% su sterrato (di cui inizialmente molti cittadini), gomme da 16.5” e da 17”, con classi distinte per cilindrata dove inizialmente avevamo la S1 con motori fino a 750cc 2t e 4t, e la S2 con motori fino a 450cc 4t e fino a 250cc 2t.
Dal 2007 vennero invertite le cilindrate per classi e le 450 divennero le partecipanti alla classe regina S1.
Si arriva al 2010 con il nuovo regolamento che vedeva la scomparsa della classe S2 in favore di un’unica classe, quella S1: dal 2012 in poi sarà una lotta tra monocilindrici da 450cc 4t.
Ogni gara era spettacolo puro, adrenalina a 1000. I piloti messi in campo a contendersi il titolo a colpi di derapate hanno solcato i lori nomi indelebilmente nei cuori di ogni appassionato, tra i più grandi di sempre ricordiamo: Thierry Van Den Bosch, Eddy Seel, Gerald Delepine, Bernd Hiemer, Jérôme Giraudo, Marcel Van Drunen, Boris Chambon, Max Manzo, Ivan Lazzarini, William Rubio, Davide Gozzini, Mauno Hermunen, Giovanni Bussei, Thomas e Adrien Chareyre.
Ovviamente non è possibile non menzionare alcuni dei mezzi più significativi che hanno fatto storia:
- Husqvarna con le sue SM 630RR, SM 660RR, SM 530RR e SM 450RR;
- KTM con le sue LC4 720, SMS 660 e SMR 450;
- Aprilia con le sue SXV 4.5, SXV 5.5 e MXV-S 450;
- TM con le sue SMR e SMX 450, 530, 660 e 700.
Tra le altre illustri vanno ricordate Vertemati, Vor, Husaberg, SWM, Kramit, WRM, Honda, Yamaha, Kawasaki e Suzuki.
Negli anni d’oro le moto erano dotate delle tecnologie più avanzate, ad esempio Husqvarna utilizzava dei mono ammortizzatori posteriori di derivazione Ferrari F1, Aprilia sviluppò le moto partendo da un foglio bianco e dotandole di motori bicilindrici e telaio composito, Vertemati con serbatoi separati per olio cambio e frizione, WRM con telaio misto alluminio/carbonio ma anche Suzuki con la prima moto a iniezione e dotata di sospensioni ad aria.
Dettaglio di non poco conto è che le ultime S2 (>450cc) come ad esempio l’Aprilia erano accreditate di potenze intorno agli 82 cv, e nei primi anni 2000 per le monocilindriche come Husqvarna o KTM si parlava di potenze maggiori a 70 cv su dei motori monocilindrici…I 70 cv vengono raggiunti anche oggi dalle S1, a vent’anni di distanza, grazie all’aiuto dell’evoluzione tecnologica che hanno avuto i motori e le elaborazioni nel corso degli anni.

Col passare del tempo però l’interesse verso la disciplina cominciò a calare drasticamente, e l’interesse del mercato per questi mezzi andò scemando. I costi di manutenzione per molti non bastavano a giustificare le emozioni e il divertimento che i Supermoto regalavano senza sosta.
Ed ecco quindi che le case cominciarono ad abbandonare il mondiale in forma ufficiale e a toglierle dal listino, sostituendole con delle Naked “vestite” da Supermoto (Aprilia Dorsoduro 750 e 1200, Honda FMX 650, le varie Ducati Hypermotard, KTM 690 e 990 e via discorrendo).
Ad oggi anche lo stile di guida di queste moto è drasticamente cambiato: si è passati da una guida aggressiva fatta di traversi a ogni curva, a una guida con traiettorie più pulite in pieno stile stradale (con conseguente perdita di spettacolo), e la gran parte dei nuovi piloti preferisce mettere il ginocchio a terra anziché tirar fuori il piede. Insomma le saponette hanno fatto la loro comparsa su quasi ogni tuta dei piloti da Supermoto. In passato era praticamente una rarità vedere un pilota della disciplina mettere il ginocchio a terra, tra questi probabilmente il primo fu Bussei (indimenticabili tra l’altro le sue svolazzanti frange da cowboy color oro).
Sempre riguardo la guida la parte di sterrato è stata al centro di particolari attenzioni: i piloti da Motard nudi e crudi sanno come affrontarla al meglio come i piloti provenienti dall’orbita del cross, mentre i velocisti “puri” incappano spesso in molte difficoltà nell’affrontare salti e whoops.
Questa parte di pista è sempre la più difficile da curare, in quanto gli organizzatori devono sempre prestare attenzione al fatto che non sia né troppo bagnata né troppo polverosa, visto e considerato che i Motard non montano gomme tassellate e che quindi sono sprovvisti di una trazione e di un controllo ottimale su sterrato.

Nel mondiale 2007 si è cercato di raggiungere un compromesso al GP di Pleven in Bulgaria, dove è stata introdotta una nuova parte di tracciato, la Sky Section: consiste in una parte del tracciato con salti, whoops e curve paraboliche in asfalto. Con questa soluzione si accontentano tutti e l’esempio di Pleven è poi stato seguito dalla pista di Castelletto di Branduzzo nel 2010. Attualmente con il termine Sky Section si intende un qualsiasi tratto sterrato o con salti asfaltati e non di una pista da Supermotard.
Sempre per accontentare i non amanti dello sterrato e dei salti, nel 2008 viene istituita la classe S4, dove i partecipanti si contendono il titolo europeo sulla sola parte di circuito asfaltato escludendo appunto la Sky Section. Tra alti e bassi negli ultimi anni è comunque possibile acquistare un Supermotard nuovo in concessionaria (perlopiù 450cc), grazie ai modelli offerti da TM, KTM, Husqvarna, Vertemati, Honda e SWM.
Logicamente buona parte di questo declino è anche dovuto all’organizzatore che non ha saputo negli anni regolamentare a dovere il campionato, ma che soprattutto non ha saputo pubblicizzarlo e distribuirlo e promuoverlo in maniera corretta tramite le televisioni.
L’abbandono in forma ufficiale di tutte le case portò sostanzialmente al dominio di un’unica marca fino ad oggi: la TM, che continuando a sviluppare le moto ha sostanzialmente monopolizzato il campionato. L’ultimo acuto di una casa differente risale al 2011, quando Thomas Chareyre e la sua Aprilia riuscirono ad imporsi per l’ultima volta su tutta la concorrenza.
Ultimamente per questa disciplina sembra esserci un periodo di ripresa, e non ci resta che sperare sia realmente così. Il Supermotard merita gloria eterna.