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Marko Daza è un ragazzo cileno di 37 anni. E’ nato a Antofagasta, una città portuale nel nord del Cile non distante dai confini con Bolivia e Perù e vive a Forlì dove lavora come insegnante di pole dance nella palestra Pole Art Academy.
Marko, come succede che una persona attraversi il mondo per insegnare pole dance a Forlì? “Avevo una piccola palestra di pole dance in Cile che si chiamava “Marko Pole Studio”. Insegnavo e avevo già partecipato a gare di livello internazionale. La Pole Art Academy mi ha contattato tramite facebook chiedendomi di venire a insegnare in Italia. All’inizio pensavo fosse uno spam o uno scherzo perché il profilo della signora che mi aveva scritto non aveva niente a che fare con la pole dance. E poi non capivo assolutamente l’italiano! Per fortuna questa persona ha insistito scrivendomi in inglese. Così, sei anni fa, dopo una videochiamata, mi sono trovato a dover decidere. I miei amici e la mia famiglia mi sconsigliavano di fare questo passo. “Perché abbandonare tutto?” – mi dicevano-. Così decisi di venire per sei mesi a titolo di prova ma a due condizioni: portare con me i miei due cani e avere sempre libere le mattine per preparare le gare. Dovevano essere sei mesi e sono in Italia da sei anni. Adesso torno in Cile solo per andare a trovare la mia famiglia ma sono tre anni che non ci vado, anche per colpa del Covid”.
La pole dance in salotto

Quando hai iniziato a praticare la pole dance e perché? “Premesso che io vengo dal mondo della danza, successe che una persona mi regalò un palo da pole. Purtroppo, quella persona morì. Per me fu un brutto colpo e caddi in depressione. Portai il palo in salotto. Mi sembrava un modo per ricordarla. Dopo qualche tempo iniziai a salirlo. Mi accorsi che riuscivo a stare su anche senza nessuna esperienza o preparazione. Allora mi sono iscritto a dei corsi e, col tempo, da allievo sono diventato istruttore. Ho iniziato a tenere le mie prime lezioni nel salotto di casa, prima di aprire la palestra. Ci avevo sistemato altri due pali, eliminato tutti i mobili e messo degli specchi”.
Quando hai iniziato a gareggiare? “La prima competizione fu nel 2012 in Cile, i campionati nazionali nei quali arrivai secondo. Mi ricordo che prima di iniziare con i concorsi dissi ai miei amici: – “Ok. Inizio a gareggiare ma il traguardo non può essere che diventare campione del mondo”. – In effetti, in quell’anno partecipai ai mondiali in Brasile dato che ero il vice campione nazionale e… arrivai ultimo. Il mio livello era decisamente più basso rispetto agli altri, delle vere star della pole dance. Però, con l’allenamento continuo e la perseveranza, con umiltà posso dire di aver raggiunto il loro livello. Nel 2019, gareggiando per l’Italia, ho finalmente vinto il campionato del mondo a Novosibirsk, in Russia, nella pole art categoria Elite, quella dei professionisti. In quel momento mi sono ricordato di quello che avevo detto agli amici nel 2012 e un po’ mi sono commosso. Fu una vittoria sofferta, gli avversari erano forti e io avevo 38 e mezzo di febbre. Poi avevano perso la mia valigia all’aeroporto di Mosca. Andavo nei negozi di Novosibirsk a comprami di tutto, dalle mutande in su. Il costume da competizione è arrivato un’ora prima della gara. Un delirio. Nel 2019, nella pole sport, ho vinto il bronzo ai mondiali in Finlandia e l’argento agli Italiani di Cervia”.
Pole dance, sport per tutti

Com’è successo che sei passato a rappresentare l’Italia? Nei primi anni dopo il mio trasferimento gareggiavo ancora per il mio Paese natale. Dopo tre anni, la federazione Posa (Pole Sport & Arts World Federation) italiana mi ha chiesto di competere per loro. All’inizio mi sembrava di tradire un po’ il Cile ma, a parte che mi ero innamorato dell’Italia e della sua gente, mi ero accorto che la mia crescita sportiva era dovuta al fatto che qui in Italia mi confrontavo con gli atleti italiani ed europei, forti e professionali. Avevo un debito sportivo con l’Italia. Se fossi rimasto in Cile non sarei riuscito a gareggiare a un livello così alto. E io adoro competere. Così ho deciso di gareggiare per l’Italia”.
Com’è il movimento della pole dance in Cile? Che differenze ci sono con quello Italiano? “La pole dance in Cile è molto sviluppata, con tante scuole proprio come in Italia ma da voi si è più attenti al livello agonistico mentre in Cile è tutto più amatoriale. Qui c’è più cura nella preparazione. Poi, molti atleti e atlete vengono dalla ginnastica che è una buona base. In Cile, invece, non esistono palestre di ginnastica artistica. Per questo il confrontarmi con atleti italiani mi ha fatto crescere: nell’acrobatica e nella tecnica. In generale, poi, la pole dance sta crescendo nei numeri e, secondo me, col tempo pole sport, pole art ed exotic pole si mescoleranno sempre di più perché chi gareggia, sta capendo che la contaminazione degli stili aiuta a creare un proprio stile”.
Quali caratteristiche fisiche deve avere una persona per fare pole dance? “Non ci sono caratteristiche fisiche predeterminate. Ognuno, nei propri limiti, può fare molto. Io ho allieve di diverse tipologie fisiche e dico sempre loro che possono imparare a fare tanto, ognuna coi suoi tempi. Per esempio, le ragazze con gambe più robuste si tengono al palo con molta più forza delle altre. Certo, se si vuole gareggiare bisogna essere allenati ma non ci sono caratteristiche fisiche che precludono pratica di questo sport. Ricordiamoci che esiste anche la parapole dance. E questi atleti e atlete diversamente abili gareggiano, nelle loro categorie, ai nazionali o ai mondiali. Per cui…”.
Di Flavio Semprini