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La bella stagione è ormai alle porte, e come sempre spunta fuori sui social un post con il solito testo: “motociclisti strana meravigliosa gente”. Non che non lo avessi mai detto, quindi lo ribadisco: non lo sopporto. Non mi piacciono tutte queste fantasticherie o tutto quel voler osannare e mettere in mostra qualcosa, senza nemmeno sapere da dove nasce quel testo.

C’è a chi piace romanzarci sopra, fare post sui social di una moto con uno sfondo sul tramonto e allegarci quella porcheria di preghierina del biker o una frase romantica. Stessa gente che poi incita a fare i cerebrolesi alla guida. Come dice un proverbio inglese: “La manopola del gas si muove in entrambe le direzioni”.
Superare il limite su strade aperte al traffico è un problema e un rischio non soltanto di chi è alla guida, ma anche per gli altri. Non si è spinti da nessuno, non ci sono angeli o demoni a proteggerti da quello che stai facendo o che ti obbligano a farlo.
Chi vive la moto sa che la realtà è differente. Tutto sta nell’intelligenza di chi sta guidando. Questi falsi moralismi e perbenismi hanno stancato.
Certo, fa male sapere che qualcuno si sia fatto male o abbia perso la vita a causa della sua incoscienza, ma fa anche male venire etichettati tutti come pericoli ambulanti da chi una moto non l’ha mai guidata e di moto non sa nulla.
Finendo per etichettare le corse su strade come il male più devastante che affligga il motociclismo. Chi le corre è conscio dei rischi, ma non mette a rischio la vita altrui, crocifiggerle paragonandole agli incidenti stradali è del tutto insensato.
Nulla a che vedere con qualche esaltato probabilmente munito di action cam strafottente degli altri utenti della strada, che preso in un momento di euforia si crede o cerca di emulare un pilota MotoGP (la quantità di video in rete parla da sola). Tutti bravi a fare i fenomeni senza pensare al rischio e alla figura che facciamo fare alla categoria. Nel caso succeda qualcosa poi tutti divisi nel trovare colpe, colpevoli o scusanti.

Non va dimenticato che il pericolo non viene semplicemente dall’incoscienza di certi soggetti, ma anche da tutto quello che gira per strada e da tutte le insidie che la strada ci riserva.
Personalmente ho abbandonato l’uso della moto per sia per l’uso urbano che per le uscite di puro svago e/o divertimento, ormai la moto la uso solamente per andare ad allenarmi in pista e per le gare del CIVS.
Tra esaltati della domenica e automobilisti zombie dei cellulari prestavo più attenzione ai pericoli in arrivo piuttosto che a godermi il giro.
Come dice anche il Road Racer Massi Magnani: “Capisco la voglia di correre in moto, si pensa che questo porti via tutti i problemi. Invece la moto è anche pericolosa e non va sottovalutata in nulla. Se si ha voglia di leggerezza è meglio usare la moto sul cavalletto. E lo dico io che corro per strada perché so il fascino che ha, ma quando è aperta al traffico è ancora più pericolosa.
Da quando ho incominciato a gareggiare, per paura lo ammetto, ho smesso di usare la moto per gite con amici o per andare al mare. È sbagliato pensare che la moto non ti faccia pensare; è proprio il contrario, bisogna sempre guidare con responsabilità e condizione di ciò che si fa. Sembro un prete, ma credimi, se hai paura ti salvi”.
Concludendo, la verità è che quella dei motociclisti non potrà mai considerarsi un’unica grande categoria. Perché manca il concetto fondamentale alla base, vale a dire il rispetto reciproco e la responsabilità verso gli affetti che attendono a casa.
In sostanza rivedrei il tutto con un: “motociclisti strana diversa gente”.