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Bobo Vieri, tra gli ex sportivi, è uno dei maggiori appassionati di padel: giocatore e spettatore dello sport in maggiore ascesa al mondo.
La prima domanda alla quale risponde è il motivo per il quale da tutti, a quarantanove anni suonati, ancora viene chiamato con il nome di Bobo:
“Mio padre Roberto era Bob. A soprannominarmi Bobo ha iniziato Alessandro Brunetti nelle giovanili del Torino. Venivo dall’Australia, parlavo poco italiano. Da Bob a Bobo il passo è stato breve.”

Inevitabile la curiosità su chi sia il compagno con il quale, durante una carriera più che ventennale, abbia maggiormente legato:
“Non posso nominarne uno solo, sennò gli altri si offendono. Cristian Brocchi lo conosco dal ‘99, Nicola Ventola, Lele Adani e Antonio Cassano da vent’anni. Giuseppe Pancaro l’ho incontrato nella primavera del Torino: avevo 16 anni. C’è un grande affetto tra di noi, il legame è fortissimo. I calciatori sono capaci di lunghe e profondissime amicizie: si convive in squadra e in ritiro, si vince e si perde insieme. Oggi, se ci vedesse giocare a padel, sembreremmo dei pazzi.”
Qualche mese fa ha fatto scalpore la dichiarazione di Pietrangeli sul padel (per chi fosse interessato riportiamo il nostro articolo qui), ecco il pensiero di Vieri:
“Il tennis richiede tecnica, il padel no. Noi calciatori che abbiamo corso per vent’anni, appena smettiamo mettiamo su peso. Jogging? Per carità. Palestra? Che noia. Il padel, invece, è una sfida che ci prende la testa. Ti diverti e sudi. Ronaldo è venuto da Ibiza a Formentera per giocare con noi: le mogli fuori a cena e noi in campo dalle dieci e mezza a mezzanotte, come degli scemi. Insulti, offese, gente che prende l’aereo per non saltare la partita… Un rimbambimento collettivo totale!“
A concludere l’intervista un bilancio spiritoso, che appartiene al personaggio di Bobo Vieri:
«Sono nato a Bologna e cresciuto in Australia con il sogno di giocare in serie A e in Nazionale. A 14 anni sono partito: “Mà, vado in Italia”. Ho telefonato a Vieri senior (se lo chiamavo nonno si sentiva vecchio): vieni, mi ha detto. Ho preso l’aereo. Ho giocato in serie A e in Nazionale. I miei sogni li ho realizzati tutti, e pazienza se mi sono rotto il ginocchio un mese prima del Mondiale 2006, che avremmo vinto: fa parte dello sport. Oggi sono un marito un po’ lunatico e un papà presente e felice. Ho i capelli bianchi ma sono sempre io, lo stesso Bobo».
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Tommaso Serena