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Dalla ruota reversibile al primo modello Campagnolo: ecco l’epopea di un componente ormai irrinunciabile per i ciclisti
Per scoprire quando è stato inventato il cambio della bicicletta, da buoni ciclisti, dobbiamo partire da lontano. Precisamente ai primi anni del secolo scorso. Allora le biciclette erano sprovviste di cambio. Questo comportava che i corridori, quando si trovavano dinnanzi a pendenze molto ripide, non avevano altra scelta che quella di scendere dalla loro bicicletta e superare la salita a piedi. Le bici dell’epoca, infatti, erano per lo più modelli a scatto fisso con pignoni molto piccoli sulla ruota posteriore e guarniture generose tra i pedali. Leggenda narra che Octave Lapize al Tour del 1910 gridò “Assassini” contro gli organizzatori della Grande Boucle quando dovette affrontare la lunga e ripida salita del Tourmalet.
Quando è stato inventato il cambio della bicicletta: il Flip-flop
L’esigenza di cambiare lo sviluppo metrico dei rapporti durante una gara portò i produttori di biciclette a cercare delle soluzioni. La prima in ordine cronologico fu il Flip-Flop. Ossia quella di equipaggiare la ruota posteriore di un doppio rapporto, uno per lato. In sostanza la ruota era provvista di un piccolo pignone sul lato destro a scatto fisso, mentre sul lato sinistro veniva montato un pignone più grande a ruota libera. I corridori, per cambiare rapporto, dovevano scendere dalla bicicletta, smontare la ruota, invertirne il lato e rimontarla. L’operazione non era affatto facile. Al di là del tempo che si perdeva, infatti, bisognava far i conti con le condizioni atmosferiche. Un corridore, Tullio Campagnolo, alle prese con uno smontaggio difficile dovuto alle temperature molto rigide che avevano ghiacciato i bulloni del mozzo, ebbe l’idea dello sgancio rapido che utilizziamo ancora adesso.
Quando è stato inventato il cambio della bicicletta: Campagnolo
Nel 1935 fu proprio quel corridore a inventare il cambio della bicicletta come lo conosciamo oggi. Campagnolo, infatti, sviluppo una soluzione con due pignoni montati sullo stesso lato della ruota. I rapporti erano collegati a una lunga levetta azionabile anche in corsa. In questo modo i corridori potevano spostare la catena dall’una all’altra ruota dentata a seconda delle pendenze da affrontare. Si trattava ancora di un prototipo da migliorare. Prima di lui i fratelli Nieddu, Tommaso e Amedeo, avevano brevettato il cambio “Vittoria Margherita”. Un congegno rudimentale a guardarlo adesso, ma efficace per l’epoca. I Nieddu montarono una leva sul tubo piantone azionando la quale era possibile aumentare o diminuire l’angolo di un tendicatena. In questo modo si poteva modificare la tensione della catena. Occorreva poi pedalare all’indietro e spingere o tirare la catena con la mano destra, per far sì che salisse o scendesse di un rapporto.
Francesco Papa