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Il ritrovamento e la sopravvivenza
Come accennato nel precedente articolo, e come evidenziato dalla cosiddetta “Curva di sopravvivenza” dei sepolti da valanga (fonte AINEVA), si evidenzia l’estrema importanza della velocità dei soccorsi da parte dei compagni sopravvissuti: se il sepolto è ritrovato entro 15 minuti, la probabilità di sopravvivenza supera il 90 per cento!
Oltre i 15, massimo 20 minuti, tale probabilità si riduce in modo drammatico, con la cosiddetta “picchiata mortale della probabilità di sopravvivenza”, fino al cosiddetto “punto di non ritorno”, verso i 40 minuti.
Un fatto che, come già accennato, ridimensiona l’efficacia dell’ARVA, nel senso che esso è veramente utile se permette ai compagni sopravvissuti di poter ritrovare il travolto entro 15, massimo 20 minuti. In caso contrario, le probabilità di sopravvivenza crollano drasticamente.
Al riguardo, uno studio svizzero sull’efficacia dell’ARVA, basato su 328 casi di seppellimento, ha permesso di appurare che “Il seppellimento per i sepolti con ARVA dura mediamente 35 minuti, mentre in caso di ricerca senza ARVA occorrono 120 minuti”. Una differenza notevole, significativa, che tuttavia si riflette solo marginalmente sul tasso di mortalità, che scende dal 75,9 per cento (sepolti senza ARVA) al 66,2 per cento (sepolti con ARVA).
Questa marginale differenza nella mortalità deriva dall’implacabile “curva di sopravvivenza”. In pratica, in un modo forse brutale, possiamo affermare che, se i superstiti non riescono a trovare il compagno sepolto entro 15 – 20 minuti, l’ARVA servirà solo a recuperare più velocemente il cadavere.
Il ritrovamento
Quando la vittima della valanga è stata ritrovata dai suoi compagni – quindi in assenza dei soccorsi organizzati – si deve procedere a un primo soccorso.
Se la vittima è cosciente, i problemi sono limitati: non lasciarla camminare anche se essa se la sentisse, non massaggiare le estremità ma riscaldarla con indumenti o coperte (soprattutto il tronco), somministrare bevande calde e zuccherate (non alcolici) e curare eventuali ferite o traumi.
Se la vittima non è cosciente, la situazione è grave, e non è facile neppure per un medico stabilire se il soggetto sia morto o meno: anche in assenza di battito cardiaco e di respirazione, si deve in ogni caso eseguire una procedura di rianimazione.
Appena la testa è stata liberata si deve ripulire la bocca e il naso dalla neve e/o dal materiale vomitato, procedendo quindi, se si hanno le capacità, alla respirazione bocca a bocca circa 15 volte al minuto. Una volta liberato il torace e il resto del corpo si procede contemporaneamente al massaggio cardiaco (60-80 volte al minuto).
Queste operazione devono protrarsi fino all’arrivo dei soccorsi organizzati, e comunque per almeno due ore; se dopo tale periodo non appaiono segni di vita (respirazione spontanea, attività cardiaca, restringimento pupillare) si può rinunciare.
Contemporaneamente alla rianimazione è importante riscaldare la vittima, ma solamente il tronco e non gli arti (questi saranno riscaldati in un secondo tempo). E’ possibile utilizzare coperte, indumenti e impacchi caldi, non direttamente sulla pelle. E’ da notare come la temperatura del sepolto, causa una velocità di raffreddamento media di 3 °C/h, possa scendere a livelli estremamente bassi: gli organi centrali (tronco e cranio) fin sotto i 30 gradi, mentre le estremità anche a 10-12 gradi!
In attesa dei soccorsi organizzati è bene preparare il campo anche all’eventuale atterraggio dell’elicottero: realizzare una piazzola, delle segnalazioni o altro.
