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Negli ultimi decenni, le nostre montagne sono sempre più popolate di fauna selvatica pregiata, anche grazie a mirate campagne di reintroduzione, senza ovviamente dimenticare la sempre maggiore sensibilità ambientale e il progressivo abbandono delle cosiddette “terre alte” da parte delle tradizionali attività umane. Ne consegue che durante le nostre escursioni è spesso possibile osservare animali selvatici, anche a distanza ravvicinata. Ma, con un po’ di fortuna, e di accortezza, è possibile compiere veri e propri “incontri ravvicinati del terzo tipo”.

Lo stambecco a guardia del Diavolo…
Una delle più belle montagne della provincia di Bergamo è il Pizzo del Diavolo di Tenda (2914 metri), col suo satellite poco più basso chiamato “il Diavolino”: due piramidi quasi perfette di roccia, tanto da meritarsi l’appellativo di “Cervino delle Orobie”.
Volendo compiere la traversata in cresta delle due cime – nulla di particolarmente difficile – dopo il lungo avvicinamento inizio ad attaccare la cresta verso la vetta. Non appena il terreno si fa ripido, e la cresta affilata, alzando lo sguardo noto, una decina di metri oltre, uno splendido esemplare di stambecco adulto, dalle enormi corna, beatamente sdraiata sulla cresta, occupandola interamente. Dagli anelli delle corna, dovrebbe avere ben più di dieci anni, un vero patriarca per la sua razza.
Cautamente mi avvicino fino a tre – quattro metri di distanza, con lo stambecco immobile come una statua di cera: spettacolo bellissimo e foto fantastiche assicurate. Dopo una decina di minuti, vorrei però anche proseguire la salita, ma come, se lo stambecco non si decide a spostarsi? Il lato destro della cresta appare impraticabile e troppo ripido, mentre a sinistra una prudente arrampicata consentirebbe di aggirare lo splendido ungulato. Bene, proviamo. Senonché, non faccio nemmeno due passi verso sinistra, che lo stambecco, fino ad allora immobile, gira la testa di scatto verso di me, fissandomi con suoi grandi occhi.

Ovviamente mi fermo immediatamente, indeciso sul da farsi. Torno sul filo della cresta, e lo stambecco ruota ancora la testa, e ovviamente anche le sue enormi corna, continuando a fissarmi.
Scendo di pochi passi e, a una maggiore distanza, riprovo a spostarmi a sinistra della cresta. E ancora una volta lo stambecco ruota la testa verso di me. Ormai con la schiena imperlata di sudore, e non per la fatica, tento altre “manovre evasive”, ma sempre quel vero e proprio “guardiano” continua a fissarmi. Fino alla decisione finale: “Meglio rinunciare!”. Se avessi comunque tentato di passargli accanto, e lo stambecco si fosse alzato, anche solo per avvicinarsi, sarebbe stato fin troppo facile immaginare chi sarebbe caduto e chi sarebbe rimasto in piedi.
…e lungo i sentieri
In un’altra escursione, percorrendo uno stretto sentiero a mezza costa, immediatamente dopo un marcato costone mi trovo, pressoché a pochi passi, di fronte a un branco di giovani stambecchi che percorre il medesimo sentiero, ma in direzione opposta. Mi fermo come paralizzato, quasi senza respirare, ma per fortuna gli stambecchi fanno tutto loro: giunti a pochi passi da me, escono dal sentiero e scendono sul vertiginoso pendio a valle, mi superano in tutta scioltezza, per poi risalire sul sentiero e proseguire lungo di esso, come i più educati e gentili degli escursionisti. E, chissà, magari a modo loro mi avranno pure salutato.
Gli incredibili marmottini della Val Cerviera
Percorrendo una sperduta valle delle Orobie, verso quota 2500 metri notiamo alcune marmotte, sdraiate su grandi pietre a prendere il sole. Ma quello che più colpisce il nostro sguardo sono tre cuccioli di marmotta assiepati sul ciglio della propria tana, a una decina di metri di distanza. Il mio compagno di gita, peraltro senza molte speranze, inizia lentamente ad avvicinarsi ad essi, mentre io mi apposto con la macchina fotografica, per vedere cosa succede. E accade proprio l’incredibile: con lentezza, sotto gli occhi delle marmotte circostanti, l’amico riesce a giungere a pochi centimetri dai marmottini, e a rimanerci per svariati minuti. Un incontro forse non unico, ma certo, a questa vicinanza e di questa durata, sicuramente rarissimo.
Rispetto e cautela
Questi tre episodi vogliono anche sintetizzare alcune regole di comportamento incontrando animali selvatici: rispetto e cautela in primo luogo, senza forzare le circostanze, e senza correre inutili rischi. E ovviamente senza infastidire, o peggio molestare, gli animali. Se appena possono, in generale tendono ad allontanarsi dall’uomo.

Maggiore attenzione nel caso di cani, che nelle zone frequentate da fauna selvatica dovrebbero preferibilmente essere tenuti al guinzaglio. Si tenga presente che in alcune aree protette (come ad esempio il Parco Nazionale del Gran Paradiso), l’accesso dei cani e rigidamente regolamentato, se non del tutto vietato.