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Il volto delle previsioni meteo in TV è anche un’appassionata di ciclismo
Tutti conosciamo Stefania Andriola per il suo lavoro di meteorologa in televisione, ma in pochi sanno che è anche una grande appassionata di ciclismo. Con la sua bicicletta da corsa percorre molti chilometri e di certo non ha l’ansia, comune a molti ciclisti, di essere sorpresa da un temporale. A The Sport Spirit ha raccontato come è nata e come sta vivendo questa sua passione.

La passione di Stefania Andriola è merito del nonno
«Nella mia famiglia il nonno Stefano da sempre era amante del ciclismo. Ricordo le lunghe giornate che passava seduto sulla poltrona davanti alla tv a guardare ogni tappa del Giro d’Italia e del Tour de France. Mio nonno era nato nel 1910 e cresciuto quando gli italiani si dividevano tra i seguaci di Coppi e Bartali. Quando ero piccola onestamente credevo che il ciclismo fosse uno sport noioso, insipido, individuale e non capivo come si potesse esserne così appassionati. Nel 2003 poi ho avuto la fortuna di essere scelta come Miss Estathé, la Miss che premia la maglia rosa del Giro d’Italia e seguire il mio primo Giro dall’inizio alla fine. Lavorandoci sia in partenza che all’arrivo, mi sono resa conto di quanto fosse bello questo sport, di quanto in realtà non fosse noioso ma anzi, come ci fossero delle tecniche, delle strategie da seguire in ogni tappa, mi innamorai della figura dei gregari e poi mi piaceva tantissimo vedere da vicino le biciclette utilizzate dai campioni. Capii la bellezza che si nasconde tra la fatica, le salite, i paesaggi da affrontare, i km che ti tolgono il fiato su percorsi dove si appostano centinaia di persone per vedere passare i propri beniamini anche solo per 30 secondi di volata. Da quel maggio 2003 il ciclismo mi è entrato nel cuore e ho maturato il sogno di poter un giorno pedalare su una bicicletta simile a quella dei grandi campioni».

Come si allena Stefania Andriola
«Cerco di uscire il bici il più possibile; compatibilmente agli impegni lavorativi. Nella bella stagione riesco anche a farmi 2/3 uscite a settimana. Ammetto che sapere in anticipo che tempo farà prima di uscire ad allenarmi è una gran fortuna, che mi permette anche di scegliere l’abbigliamento tecnico adeguato ma a volte mi rende un po’ pelandrona quando so che troverò freddo o pioggia… ma proprio io che lavoro con il tempo non posso permettergli di vincere sulla mia voglia di fare sport. Il vero allenamento per me è avere la possibilità di uscire con compagni di pedalata più forti di me; nel mio gruppo ci sono diverse amiche che fanno triathlon o ex professionisti, il mio fidanzato che va come un treno: ti assicuro che uscire con loro è molto stimolante. Seguendo i loro consigli ho imparato a fare delle modifiche ai miei percorsi abituali, a stare a ruota e magari migliorare performance di velocità e in salita».

La bici secondo Stefania Andriola
«Sinceramente non mi piace molto gareggiare, preferisco da sempre la pratica non agonistica anche perché uscire in bicicletta per me è un momento catartico: è uno spazio tutto mio, che mi piace vivere in tranquillità, tra i miei pensieri, godendomi il paesaggio che ho intorno. Se ci si concentra troppo sulla performance si perde la bellezza circostante e mi piace davvero potermi immergere in quello che vedo, avendo la fortuna di essere sul mezzo di trasporto che amo di più al mondo. Oltre a permettermi di immergermi nella natura circostante, mi concede il tempo di pensare alle cose che mi accadono… Spesso la bici è stata una compagna non solo di avventure ma anche di emozioni, di tanti pensieri, di sfoghi. Dopo una pedalata mi sento sempre meglio e poi i percorsi in bicicletta per me sono una metafora della vita: pedalare mi ha insegnato ad esempio che dopo le difficoltà della salita c’è sempre il piano o una discesa quindi mi aiuta a tenere sempre presente che nonostante le gravi difficoltà che ci troviamo ad affrontare, arriverà prima o poi anche la tranquillità che ci farà tornare a respirare».

Il mito di Marco Pantani
«Da sempre sono una fan di Marco Pantani, tra l’altro quel mio primo Giro del 2003, non posso dimenticarlo, fu il suo ultimo Giro. Pur essendo straniera in quel mondo e nonostante fosse già in un periodo molto difficile, sentivo la forza del suo personaggio, il carisma. Era inavvicinabile, sempre circondato da decine di fan. Era facile individuarlo prima di ogni partenza: bastava buttare l’occhio e cercare una folla di persone e telecamere: lì dietro si nascondeva il Pirata».

Contro i pregiudizi
Molto spesso il ciclismo è – a torto – considerato uno sport non adatto alle donne. «Spesso io le mie amiche scherziamo su questo argomento. Credo che negli ultimi anni questa convinzione ci stia abbandonando sempre di più. Ho parecchie amiche pedalatrici con cui condivido dei momenti bellissimi e ci piace spesso pubblicare delle foto dove ironicamente scherziamo: sotto le nostre immagini in sella o accanto alle bici scriviamo “non è uno sport adatto alle donne J“. Io consiglierei alle ragazze di iniziare piano piano, magari facendo dei giri sui 20-30 km e soprattutto di pensare alla bicicletta come se fosse un’amica fidata che non ti abbandonerà mai. Io ho un rapporto talmente stretto con la mia che le ho dato un nome; la mia prima bici Liv Langma Advanced si chiama Artemide, la seconda Liv Orione».

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Francesco Papa