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Come una buona preparazione, anche psicologica, può trasformare il trekking in un’esperienza consapevole di crescita personale
Conosciamo la differenza tra provare e riuscire, in ambito sportivo ma anche nella nostra vita quotidiana? Fino ad una cinquantina di anni fa, quando ci si chiedeva che cosa fosse necessario per raggiungere un’ottima prestazione sportiva, ci si concentrava sulle cosiddette hard skills, ovvero nel contesto sportivo l’acquisizione della “tecnica” e l’allenamento fisico, cioè il saper fare i giusti movimenti ed avere gambe e fiato per poter affrontare la prova dal punto di vista fisico. Tuttavia, chiunque abbia praticato uno sport, a qualsiasi livello, sa benissimo che, nonostante la preparazione tecnico-fisica, capitano le cosiddette “giornate no”, le giornate in cui non si raggiungono risultati per motivi non adducibili alle già citate hard skills.

In realtà, con il passare del tempo e con l’ampliarsi e l’approfondirsi delle conoscenze in ambito psicologico, ci si è resi conto che anche nell’approccio allo sport è determinante l’atteggiamento mentale. Individuare e lavorare, con l’aiuto di uno psicologo dello sport – nei casi in cui si faccia uno sport a livello agonistico ma non solo – su quelli che sono i punti di forza e i punti fragili del nostro approccio ad una prova sportiva. E questo è importante anche se decidiamo di affrontare un percorso di trekking a livello amatoriale,
Di fronte ad una “sfida”, spesso il primo ostacolo siamo noi stessi
Certamente, i freni o le remore mentali che tutti ci siamo più o meno consapevolmente costruiti e che fanno parte di quello che abbiamo chiamato “atteggiamento mentale” sono dei potenti detrattori per quanto riguarda il raggiungimento di un obiettivo.
Per fare un esempio, fino alla metà del secolo scorso, in atletica, si pensava che non fosse possibile correre la gara del miglio in meno di 4 minuti. Invece da quando a Oxford, il 6 maggio 1954, il mezzofondista britannico Roger Bannister, riuscì a completare il giro con un tempo finale di 3’e 59”, fu come rompere una sorta di barriera psicologica, perché da allora il tempo di percorrenza scese fino a meno di 3 minuti e mezzo. Si era scoperto che si “poteva fare”!

Come prepararsi ad uno sport individuale: le soft skills
Innanzitutto, diciamo che sia che si voglia affrontare un trekking impegnativo, magari in solitaria, sia che si desideri semplicemente fare una passeggiata rigenerante nella natura, le “soft skills” – in ambito sportivo l’insieme delle abilità, o capacità, psicologiche individuali che impattano sulla prestazione sportiva e quindi sulla capacità di gestione dello stress o di raggiungimento di un risultato – sono esattamente le stesse, cambiando naturalmente di intensità e di concentrazione.
Il lavoro che lo psicologo dello sport fa sia su un atleta amatoriale sia su un professionista è sostanzialmente uguale, si lavora sulle caratteristiche di una persona e si individuano le aree di miglioramento: la capacità di gestire la fatica, il mantenimento della concentrazione, non perdere di vista l’obiettivo.
Se si vuole fare un confronto con uno sport di squadra, è evidente che in squadra ci sarà una condivisione delle responsabilità, la consapevolezza che non tutto dipende da noi, anche la condivisone di una vittoria, di un successo è diversa. Nondimeno, questi stessi aspetti possono presentare anche l’altro lato della medaglia, ovvero sapere che anche dalla nostra prestazione dipende l’andamento di un match o che una nostra defaillance può nuocere a tutto il gruppo può intensificare lo stress emotivo, rispetto ad un’attività individuale in cui tutto dipende da noi.

Trekking: non solo “passeggiate”
I due aspetti veramente importanti sono che in realtà non esiste una vera differenza tra la preparazione psicologica di un atleta che pratica uno sport individuale rispetto a chi fa uno sport di squadra e, ultimo ma non per ultimo, nel momento in cui si è “in campo”, su un sentiero, alle prese con un passaggio magari difficile, insomma alla prova, tutto il lavoro su se stessi deve essere già stato fatto e la “prestazione” – chiamiamola così per comodità – dovrebbe essere una festa, il momento finale ed entusiasmante di una preparazione già compiuta. Se invece qualche cosa non funziona, significa che ancora ci sono nodi da sciogliere, criticità da risolvere.
E’ vero che il trekking spesso viene considerato più ricreativo che strettamente sportivo, in realtà non è così perché i cultori sanno che esiste il Campionato di Trekking Estremo e diverse gare vengono organizzate in tutta Italia, con percorsi e prove anche particolarmente impegnativi.

Saper gestire i pensieri rende il trekking benefico per il fisico e per l’anima
Gli aspetti su cui puntare maggiormente il lavoro psicologico sono fondamentalmente due: 1) la gestione della fatica fisica; 2) la gestione dei pensieri, poiché il trekking è uno sport dove si è soli con sé stessi, può fare veramente la differenza. Mentre camminiamo, magari a lungo, la mente è libera di vagare, di spaziare liberamente e prendere coscienza di questo aspetto è davvero molto vicino alla meditazione: possiamo sentirci più liberi, meno gravati dal quotidiano e, come in un gioco di specchi, ci si sente invadere da una “leggerezza” – in genere aiutano anche le bellezze che circondano chi cammina in ambienti rigeneranti e naturali – contribuisce al miglioramento del rendimento fisico, il senso di fatica si fa meno pesante, l’anima si libra rigenerandosi insieme al fisico. Possiamo dire che il trekking, praticato in questo modo, sia una vera medicina priva di effetti collaterali, i cui benefici agiranno a lungo su chi la pratica.
Ringrazio per la consulenza il dott. Matteo Vagli, psicologo, specializzato in Psicologia dello Sport. Si occupa di qualità della vita e benessere individuale, lavora con atleti agonisti e non, sul potenziamento delle performance e delle risorse individuali, oltre che essere formatore d’aula sulle tematiche tipiche del mondo corporate, della psicologia dello sport e dell’apprendimento. Docente presso l’Università eCampus del corso “Motivazione e Crescita personale” e “Comunicazione e public speaking”, docente di “Psicologia generale e motivazione” presso il CPS-MT (Centro Professionale Sociosanitario Medico – Tecnico) di Lugano. Psicologo Esperto della Scuola Regionale dello Sport del CONI Lombardia.

Maria Rosa Marta
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