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Nello sport si sa che si vince e si perde ma in alcuni casi il successo o la sconfitta rappresentano una sorpresa così grande da non essere dimenticati, anche a distanza di decenni.
Di vero e proprio miracolo si può parlare a proposito di quanto accadde il 22 febbraio 1980 a Lake Placid durante i Giochi Olimpici invernali. Quel giorno gli Usa sconfissero i super favoriti sovietici nel torneo di hockey su ghiaccio. La squadra di casa, composta, come da regole olimpiche, da giocatori dilettanti, sfidò una vera e propria corazzata formata da mostri sacri dell’hockey (Boris Mikhailov, Vladislav Tretiak e Viacheslav Fetisov per citarne alcuni), formalmente non professionisti, ma impegnati sia a livello nazionale che internazionale con i propri club. Le due compagini si affrontarono nel cosiddetto girone delle medaglie in una partita che andò ben oltre, per ovvi motivi, alle ragioni sportive. La squadra a Stelle e Strisce vinse per 4-3 al termine di tre tempi infuocati e in un’atmosfera di tensione, tipica degli anni della Guerra Fredda. Talmente elevata fu l’enfasi per la partita che, ancora oggi, il match viene da taluni ricordato come quello decisivo per la medaglia d’oro; ma questo non è vero tant’è che l’incontro valido per l’oro Olimpico fu il seguente, quello tra USA e Finlandia che vide i padroni di casa vincere.
Italia protagonista della storica vittoria alle Olimpiadi invernali di Lillehammer del 1994 quando il quartetto composto da Maurilio De Zolt, Marco Albarello, Giorgio Vanzetta e Silvio Fauner sconfisse, nella staffetta 4×10 km, i padroni di casa capeggiati dal mitico Bjørn Dæhlie. Vittoria ancora oggi nella mente e nel cuore di appassionati e non, perché sconfiggere i norvegesi, nello sport nazionale e per di più in casa loro alla presenza di 180 mila spettatori, Re compreso, rimane una delle più grandi imprese dello sport azzurro di ogni epoca.

Nel calcio Ungheria protagonista sia di una vittoria che di una sconfitta che si ricordano ancora oggi. Il 25 novembre 1953 andò in scena a Wembley quella che per alcuni fu la partita del secolo tra la nazionale di casa e la squadra magiara. Gli inglesi, fino a quel momento sconfitti solamente una volta tra le mura domestiche, affrontarono lo squadrone ungherese non potendo minimamente immaginare di andare incontro ad una sconfitta dal punteggio tennistico: 3-6. Ferenc Puskás, Sàndor Kocsic, Nàndor Hidegkuti e compagni surclassarono fin dal primo minuto i maestri del calcio e concessero, nel maggio del 1954, la rivincita che si giocò a Budapest e finì con un ancor più umiliante 7-1 in favore degli ungheresi. Pochi mesi dopo l’undici ungherese subì una delle sconfitte più clamorose che la storia del calcio ricordi: il “Miracolo di Berna”. La Germania Ovest, capitanata da Fritz Walter, batté i favoritissimi magiari nella finale dei Mondiali in una partita che si è meritata anche un film intitolato appunto “Il Miracolo di Berna”.

Inaspettato fu il tracollo del mito del salto con l’asta Sergej Bubka ai Giochi del ’92 in cui arrivò da superfavorito in quanto Campione del Mondo ed Olimpico in carica e detentore sia del record Olimpico che del record Mondiale. Il fenomeno ucraino entrò in finale ma qui successe l’impensabile: fallì tutti e tre i tentativi e tornò a casa a mani vuote.